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lunedì 27 aprile 2015

L'importanza del saluto tra motociclisti

Andare in moto è un po' come essere parte di una grande comunità rumorosa anche quando si viaggia da soli. È come sentirsi sempre accompagnati da qualcuno, anche nel bel mezzo del nulla.
Ci ho fatto caso molte volte: dovunque ci sono moto parcheggiate - a meno che non si tratti dei classici motociclisti della domenica con la tuta di pelle anche ad agosto, che si sentono troppo fighi per scambiare due chiacchiere - è veramente difficile rimanere da soli. Si finisce sempre per dirsi due parole, consigliarsi strade e itinerari, qualche volta anche scattarsi una foto.
Ci si conosceva prima? Di solito no.
Ci si rivedrà dopo? Quasi sicuramente no.
E allora perché salutarsi, scambiare due parole, condividere pensieri ed esperienze? Perché siamo tutti un'unica comunità di persone un po' fuori di testa, che preferiscono lanciarsi nel freddo avvolti solo da un giubbotto di pelle piuttosto che chiudersi fra quattro pezzi di metallo su quattro ruote. Abbiamo moto enormi oppure piccoli 125 che neanche arrivano ai 90 all'ora in discesa, ma ce ne freghiamo delle differenze. Anche se uno non va mai più lontano di 50 chilometri da casa e un altro si è fatto tutta la Strada della Morte in Bolivia, in fondo ci sentiamo parte dello stesso gruppo.
Un esempio? Quando capita - purtroppo molto spesso - di vedere una moto a terra, è difficile che non ci sia almeno un altro motociclista lì vicino, anche solo per chiedere a quello caduto se ha bisogno di una mano a tirare su il suo cavallo. Non mi è mai capitato di averne bisogno, ma sono sicuro che se avessi bisogno di un passaggio al primo benzinaio perché sono rimasto a secco, non avrei troppi problemi a trovare un altro motociclista che mi faccia salire e mi dia uno strappo. Non ne sarei così certo se rimanessi a piedi con la mia macchina.
E allora il saluto tra motociclisti non è altro che il saluto tra gente che si capisce al volo.
Come ci si saluta in moto? Il gesto classico è quello delle due dita a V (il tipico segno di vittoria): si stacca un attimo la mano sinistra dalla frizione e si alzano le due dita, oppure si sporge un po' la mano verso il basso sempre con le dita in vista. Stendere la mano aperta, invece, significa "fai attenzione": si usa nei casi di strada dissestata, asfalto rovinato e simili.



Ci si può salutare con un lampeggio dei fari: occhio però, l'art. 153 C.d.S. prevede una multa per uso improprio dei fari. Bisogna essere veramente sfortunati a trovare una pattuglia tanto inflessibile da multare due motociclisti che si lampeggiano, ma non metterei limiti al peggio. Il lampeggio è così tipico che la maggior parte dei post nei forum che parlano di moto si chiudono proprio con un "lamps", saluto tipico che ricorda i fari della moto.
Ci si può anche salutare suonando il clacson, ma personalmente non mi fa impazzire. Vada come vada, credo che salutarsi sia uno dei gesti che più rendono l'idea del fantastico senso di comunità che lega tutti i motociclisti. Chiaramente, è impossibile farlo in città: staremmo sempre con le dita alzate, e chissà che incidenti. Ma appena esco dal caos urbano mi piace salutare, mi dà l'idea di essere veramente in viaggio, anche se sono a pochi chilometri da casa. E per me il viaggio è il senso stesso dell'andare in moto, non importa quanto mi allontano. Se poi mi trovo su delle strade fatte per le moto, come sul passo della Cisa o in mezzo alle montagne in Abruzzo, beh, lì è veramente il massimo.
Chi saluta? Di solito nessuna sorpresa dai mototuristi con naked e crossover: sono sempre i primi ad alzare la mano, o a lampeggiare, o ancora ad attaccare bottone quando ci si ferma a prendere un caffè in qualche paesino sperduto. Meno disponibili, a volte, i motociclisti che fanno parte di "mondi a parte", come le Harley o le Ducati, che spesso tendono a salutarsi solo tra loro. I peggiori sono quelli che hanno moto pazzesche e superaccessoriate solo per fare gli splendidi al bar, sfoggiando giubbotti firmati e fendinebbia. Poi scopri che hanno accumulato 3.000km sul contachilometri in cinque anni, ma questa è un'altra storia. Sugli scooter le versioni sono diverse: il "vero motociclista" non saluterebbe mai uno scooterista ma, se devo dire la mia, mi fa piacere salutare qualcuno che, magari, con un piccolo SH150 si arrampica per strade di montagna dove anche una moto molto più grande avrebbe qualche problema. Credo che il saluto sia un modo per riconoscersi l'un l'altro nel piacere di viaggiare e nella voglia d'avventura, e in fondo chissenefrega di quanti cavalli o di quale mezzo hai sotto il sedere.
Viaggiando per l'Italia ho salutato un'infinità di motociclisti. Soprattutto nelle strade più solitarie, dove si incrociano pochissime persone, è sempre un piacere scambiarsi un gesto che ci ricorda che siamo tutti uguali, su una striscia di asfalto. Mi fa sentire bene, e pure un po' figo, a dirla tutta.
Quindi, la prossima volta che incrociate un'altra moto, ricordatevi di salutare!
Lamps!

lunedì 6 aprile 2015

L'itinerario: da Roma a Castelluccio di Norcia tra Lazio, Marche e Umbria


C'è un paese, Castelluccio, frazione di Norcia (PG), che è famoso in tutto il Centro Italia per almeno tre cose: la fioritura, le lenticchie e le strade.
La fioritura è un magnifico fenomeno che si verifica ogni anno, tra la fine di maggio e gli inizi di luglio, quando il Pian Grande e il Pian Perduto - gli altipiani di Castelluccio - si colorano delle mille sfumature delle specie floreali che dipingono (è proprio il caso di dirlo) i campi e i pascoli  ai piedi del paese. Narcisi, violette, ranuncoli, papaveri e altri fiori sbocciano, trasformando il paesaggio in un grandioso quadro che richiama migliaia di turisti e le loro macchine fotografiche. Chiaramente, ogni anno il tempo della fioritura varia, a seconda delle condizioni climatiche, anche se la festa dedicata a questo fantastico evento naturale cade sempre tra la terza e l'ultima settimana di giugno.
La fioritura a Castelluccio di Norcia
Le lenticchie sono il prodotto tipico del luogo. È possibile comprarle nei piccoli negozi nella piazza principale, o anche addentrarsi lungo le vie in salita del paese e acquistarle da una signora anziana del posto, che le vende al lato della strada, con la sua bancarella. Per come sono fatto io, non ho avuto dubbi su quale scegliere: la signora mi ha anche dato molti consigli su come utilizzarle, e non ho esitato a provare anche del farro. Ne vale la pena, assolutamente. In più, inutile dire che i salumi sono una specialità da non perdere: Norcia, di cui Castelluccio è frazione, è riconosciuta a livello internazionale come un centro d'eccellenza per quanto riguarda salami, salsicce e affini. Su tutti, consiglio il salame di cervo, una tipicità umbra che non delude mai.

Le strade sono l'aspetto che, ovviamente, mi attrae di più. Andare e tornare da Castelluccio significa percorrere strade magnifiche, tra Lazio, Marche e Umbria, che non finiscono mai di sorprendere chi, come me, si gode più il viaggio della meta. Difficile che sia così, secondo me, se si viaggia in auto: le quattro ruote, i finestrini e l'aria condizionata sono poco compatibili con quello spirito di "avventura" che muove ogni motociclista e lo spinge ad arrampicarsi per strade piene di curve anche quando fa un freddo cane. Siamo fatti così, è il nostro bello, e il nostro brutto solo per chi non ha mai fatto un giro in moto.
Parto da casa mia e, come spesso succede, mi dirigo verso la via Salaria. Bisogna percorrerla per parecchi chilometri, superando Rieti e altri bei posti che, avendo tempo (l'ideale è una gita di due giorni), consiglio assolutamente di visitare: su tutti Cittaducale,
Lo svincolo per Amatrice, con i Monti della Laga sullo
sfondo e il Lago di Campotosto (nascosto) sulla destra
piacevole centro medievale, e Amatrice, famosa per gli spaghetti (sì, gli spaghetti, non i bucatini) all'amatriciana, oltre che per le sue vedute pazzesche sui Monti della Laga e sul Lago di Campotosto, distante pochi chilometri. La Salaria passa lenta, pacifica, e dopo Rieti c'è il fiume Velino che scorre a lato della statale, accompagnandomi fino a oltre Antrodoco. Lì si aprono le Gole del Velino, un gran bel passaggio attraverso le montagne incastonato tra il Terminillo e la parte settentrionale della catena di Monte Velino. Lo spettacolo della natura, qui, è eccezionale, sopratuttto d'estate, quando la vegetazione è al massimo dello splendore e si somma ai fenomeni carsici che, da soli, valgono la pena di una gita.
Tra Antrodoco e Posta,
tra le gole del Velino
La giornata, iniziata con un gran sole, inizia a non promettere niente di buono: i nuvoloni neri si fanno sempre più compatti man mano che si sale di quota; la temperatura si abbassa e il vento diventa sempre più forte. E allora diventa difficile andare a più di 80 km/h, anche perché la Salaria è spazzata da raffiche di vento molto forti che, in un paio di occasioni, mi fanno sbandare fino quasi a finire nella corsia opposta. In ogni caso, occhio agli autovelox, ce ne sono parecchi: uno dopo Osteria Nuova, due ad Antrodoco, altri sparsi lungo il percorso. E ogni tanto capitano anche pattuglie della Stradale, soprattutto nel fine settimana, quindi non conviene correre se non ci si vuole rovinare l'uscita con una multa inutile.
Superate Amatrice e Accumoli, la Salaria entra nelle Marche, al chilometro 144,950. Qui il cielo è completamente nero, fa freddissimo, inizia anche a piovigginare, e penso seriamente di girarmi e tornare indietro. Ma proprio non mi va...
Il confine di Regione tra Lazio
e Marche lungo la via Salaria
E allora mi infilo il fantastico scaldacollo termico della Tucano Urbano (non fa passare assolutamente nulla, consigliatissimo) e i sottoguanti (presi da Decathlon, sono quelli da mettere sotto i guanti da sci, sono fini e riparano benissimo) e riparto, sperando che il tempo migliori. Quasi ad Arquata di Tronto si prende una svolta a sinistra. La SP129 è piena di curve e, quindi, preferibile, ma con questo tempo preferisco imboccare la SS685 Tre Valli Umbre che, con poche curve e lunghi tratti in galleria, mi porta via dal versante marchigiano e dalle nuvole per arrivare in Umbria, dove con sorpresa trovo un gran sole splendente... a pochi chilometri da dove pensavo di tornare indietro. Ancora una volta, non posso che ripetermi una grande verità che già conosco: mai farsi spaventare dalle piccole difficoltà, soprattutto in moto, perché il viaggio che c'è davanti probabilmente vale la pena più di un po' di pioggia o di vento.
Nel giro di un quarto d'ora arrivo dalle parti di Norcia, ma prima di entrare in paese giro a destra e imbocco la SP477, che sale per 23km fino a Castelluccio di Norcia. Qui, pian piano, tornano i nuvoloni grigi e, soprattutto, il vento: guidare è davvero difficile, anche perché la mia moto è leggera e soffre molto le raffiche, che in montagna di certo non sono deboli né delicate. Bisogna dire, però, che il paesaggio merita assolutamente di esser visto: la Valnerina è tutta lì sotto e, anche se siamo ancora all'inizio della primavera, i colori della campagna sono già uno spettacolo. Non si può fare a meno di fermarsi quasi a ogni curva, per godersi il panorama e per scattare qualche foto.
Il paesaggio della Valnerina lungo la strada per Castelluccio
Appena iniziato il secondo tratto della SP477, ecco la sorpresa: la neve! Sapevo che qui faceva freddo, ma la neve all'inizio di aprile non me l'aspettavo proprio. La strada non è in ottime condizioni, quindi sono un po' preoccupato per la tenuta della moto, ma basta guidare senza fretta, evitare le buche e tenersi lontani dai margini della strada (dove è più probabile trovare residui di ghiaccio e punti scivolosi), e si sale senza problemi in quota. Scendere sarebbe più problematico, ma è un problema che rimando a dopo pranzo senza soffermarmici troppo.
L'ultimo tratto della strada per Castelluccio,
con i Monti Sibillini imbiancati di neve
I Monti Sibillini sono bianchi, bianchissimi. C'è un sacco di neve, e mi pare il minimo scattare qualche foto... quando mi capiterà di nuovo? L'ultimo tratto di strada è completamente dritto, ma anche molto rovinato, quindi bisogna fare attenzione, soprattutto alle mucche e ai tori che attraversano la strada ma che, per fortuna, si disinteressano totalmente di me e della mia moto. 
Fatte le ultime curve, e ormai a 1.400 metri s.l.m., si arriva in paese. Nella piazza centrale ci sono subito norcinerie e negozi di prodotti tipici. Per comprare salami e altro basta chiedere un consiglio a qualcuno del posto per sapere dove andare, anche se non ci sono grandi differenze: è tutto buono, buonissimo. Non ci si può sbagliare, da queste parti: legumi e salumi sono il loro lavoro, ed è quasi impossibile rimanere delusi. Se poi si passa anche per Norcia, il re dei norcini è Ansuini, che tra l'altro spedisce i propri prodotti in tutta Italia.
Il paese merita sicuramente una visita a piedi. Non c'è molto da vedere, ma le montagne imbiancate sono uno spettacolo magnifico che vale la pena di essere fotografato. Castelluccio è molto gettonato tra gli appassionati di trekking, che proprio da qui partono a piedi per arrampicarsi fino al Lago di Pilato, uno spettacolo della natura dove, ormai da tempo, mi prometto di andare in un weekend d'estate.
I Monti Sibillini dietro Castelluccio
Per pranzare c'è solo l'imbarazzo della scelta: i classici panini con ogni ben di Dio di salumi e formaggi, le zuppe, i primi saporiti e calorici (come gli gnocchi alla castellucciana, con ricotta e salsiccia), le carni allevate nella zona. Sia che si pranzi in piedi con un panino (ottimi quelli di La Vostra Cantina), sia che ci si sieda in una delle osterie di Castelluccio (come ad esempio Lu Soccio, a pochi passi dalla Chiesa di Santa Maria Assunta, visibile solo dall'esterno), è veramente difficile rimanere delusi.

Verso le 3 meno un quarto è ora di riprendere la moto: i chilometri da percorrere sono ancora tanti, e tutta questa neve non mi fa stare molto tranquillo. Penso e ripenso a quale strada fare, poi mi affido alla mia solita, vecchia regola: mai fare due volte la stessa strada. Quindi escludo tornare indietro e passare da Norcia, e mi dirigo verso Visso, quindi rientro nelle Marche. Il confine di regione, neanche a dirlo, è in mezzo alla neve.
Il confine tra Umbria e Marche, a pochi chilometri da Castelluccio
Le mie preoccupazioni svaniscono subito: il sole è alto in cielo, non ci sono più nuvole e, sul versante marchigiano, c'è molta meno neve e la strada è più pulita. Si passa attraverso gole verdissime e strapiombi clamorosi (spesso senza guardrail...), e guidare è uno spettacolo. Ci sono solo troppe curve per godersi veramente il paesaggio: probabilmente il piacere è più per chi sta dietro, ma anche chi guida si diverte tantissimo. La strada scorre bene, passando per Castelsantangelo sul Nera fino ad arrivare a Visso, e da lì si prende la SP209 Valnerina che, nel giro di poco più di 60km, porta fino a Terni attraversando pochissimi centri abitati e molti boschi. La Valnerina, che prende il nome dall'omonima valle, ha un tracciato pieno di curve, poco impegnative ma interessanti, e attraversa paesaggi fantastici nel mezzo delle rocce ai lati della valle del Nera. È uno dei percorsi preferiti dai motociclisti della zona ma anche di quelli, come me, che vengono da più lontano e vogliono godersi una strada piacevole, perfetta per guardarsi intorno scorrendo fino alla città. Anche qui, però, attenzione agli autovelox: sono tanti e tutti tarati sui 50 km/h. Secondo me è follia, ma tant'è, quindi... occhio ai cartelli!
Le cascate delle Marmore
Prima di arrivare a Terni, c'è un'ultima sosta da fare: le cascate delle Marmore. Io già le ho visitate in passato, quindi mi fermo solo per scattare una foto all'altezza di Papigno. Per chi non ci fosse mai stato, è d'obbligo fermarsi al parco delle cascate, dove si può passeggiare nella natura e salire fino in cima alle cascate, da dove si gode di una vista magnifica. Si possono anche fare pic-nic e usufruire di aree di ristoro, il tutto nel rispetto della natura.
Una volta a Terni, bisogna seguire le indicazioni per la Flaminia (SS3) in direzione Narni-Roma, poi quelle per Passo Corese. Senza un navigatore è praticamente impossibile capire dove andare, quindi è meglio chiedere a qualcuno da dove si imbocca la via Ternana: è da qui, infatti, che riprendo la strada per il Lazio, visto che ne ho abbastanza di statali e preferisco godermi le belle curve che si susseguono fino a incrociare di nuovo la via Salaria. La Ternana attraversa piccoli centri come Vascigliano, Configni, Vacone, Cantalupo e Poggio Mirteto scalo; poco prima di Cantalupo c'è anche la deviazione per Casperia, paese fantastico che consiglio assolutamente di andare a vedere, così come Roccantica, che è lì vicino e offre un percorso a piedi nel bosco che racconterò in un altro post.
Arrivato a Passo Corese, sono praticamente a casa. Da lì si può riprendere la Salaria verso Roma, la diramazione per l'Autostrada del Sole che porta a Fiano Romano o ancora percorrere la via della Neve per andare verso Tivoli, Palombara e gli altri paesi dalle mie parti. Nel corso della giornata ho percorso circa 350km, e non posso che dire che ne valeva assolutamente la pena. Gran bel giro, paesaggi fantastici, ottimo cibo. Da motociclista, è una strada che consiglio a chiunque. In alcuni tratti (soprattutto tra Norcia e Castelluccio e in alcune parti della via Ternana) l'asfalto non è certo dei migliori, ma basta un po' di attenzione per andare ovunque. Certo, meglio con una crossover, anche se piccola come la mia, che con una Harley o una supersportiva, ma con un minimo di esperienza non c'è nessun problema.
Ci tornerò d'estate per la fioritura, questo è sicuro!